Mistica Realitate

Mistificatore, ovvero colui che altera la realtà dei fatti.
Un po’ come Biasio Antonacci che dice di abbandonare il rock, o come Allevi genio massmediatico, o come quel politico convinto che con l’euro avremmo avuto un giorno di paga in più con un giorno di lavoro in meno (Argh!), o come l’individuare un presentatore come persona degna della direzione artistica di una radio nazionale (che è un po’ come scambiare un altoparlante per la musica che diffonde, un distributore automatico di merendine per uno chef, oppure far passare un trascrittore per un compositore).
E, a proposito di compositori, diversi fra essi furono considerati, a ragione, imbroglioni.
Meno pericolosi dei mistificatori suddetti (a parte l’innocuo Antonacci) ma sempre classificabili come tali.
Gente come Fritz Kreisler, Vladimir Fëdorovič Vavilov, Remo Giazotto, Pierre-Louis Dietsch e (forse) eccetera.
Giazotto scrisse un Adagio in sol minore divenuto famoso come Adagio di Albinoni.
Adagio del 1958, Albinoni morto un po’ prima, nel 1751.
Poffarre.
L’austriaco Kreisler fu un grande violinista nel secolo scorso, come compositore scrisse opere che invece attribuì ad autori italiani, anch’essi del periodo compreso tra il ‘600 e il ‘700.
Il francese Dietsch, 1808-1865, rimaneggiò la melodia di un madrigale del fiammingo Arcadelt cambiandone completamente l’impianto armonico e spacciandolo per un’inedita Ave Maria dello stesso (autore rinascimentale e progressioni armoniche ottocentesche, vabbè).
Il liutista russo Vavilov, 1925–1973, aveva il medesimo vizietto: comporre nello stile di almeno due/trecento anni prima e far passare queste opere per originali.
Perché tutti plagiatori della più o meno stessa epoca?
Facili le scritture rinascimentali e barocche?
Mica tanto, però potrebbero esserlo alla luce dei secoli passati dalla loro invenzione, dalla loro codificazione stilistica.
Ovvio che nell’ambiente colto lo studio della tecnica compositiva segua di pari passo la propria contemporaneità, la scrittura ex novo ma di fatto antica può essere vista giusto come un esercizio finalizzato alla conoscenza dei ferri del mestiere, non il mestiere in sé.
Se queste opere fossero state diffuse come coeve alla loro ideazione la loro valenza artistica sarebbe stata più o meno pari a zero, livello Rondò Veneziano per intenderci; così invece hanno avuto crisma di storicità ed accettazione nell’accademia fino all’inevitabile sgamo.
Pertanto comprensibili, ma non giustificabili, i trucchetti di attribuzione storica.
Alcune di queste musiche sono degne di diffusione perché oggettivamente evocative: il trito Adagio di Albinoni di Giazotto lo conosciamo tutti; l’Ave Maria di Caccini di Vavilov forse è un pochino (ma solo un pochino) meno conosciuta anche perché è assurta a livello di fama mondiale solo dopo il 1987 grazie ad un nuovo arrangiamento a cura dell’organista Oleg Yachenko per la soprano Irina Arkhipova.
Ormai questo brano fa parte del repertorio di molti artisti anche mainstream come Sumi Jo o Andrea Bocelli (altro esempio di mistificazione: egli non è un tenore lirico).
In realtà questa Ave Maria venne diffusa come anonima e solo dopo la morte di Vavilov fu attribuita al Caccini, attribuzione probabilmente dovuta a Mark Shakhin, organista di fiducia dell’autore stesso.
Tutto ciò non scagiona Vavilov dallo stigma del mistificatore: scrisse musiche e le attribuì ad Andrey Sychra, Mikhail Vyssotsky, Milij Alekseevič Balakirev, Francesco da Milano e Niccolò Nigrino.
Un viziaccio proprio insomma.
Biasio Antonacci, come mystifier non sei proprio nessuno, sappilo.

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